Andrea Pubusa
A Giulio ero in qualche modo affezionato per una ragione molto semplice: era come me, Luigi Cogodi e tanti altri giovani dalle belle speranze di quei meravigliosi anni ‘60 un provinciale, approdato a Cagliari all’Università, con la convinzione di dover giocare un ruolo importante nella vita politico-culturale sarda. Lui veniva da Guasila ed un comune amico, pure lui di Guasila, Luigi Vacca, mio collega di corso, ci aveva tenuto a presentarmelo per le comuni idealità di sinistra, e perché Luigi riteneva che Giulio fosse un ragazzo speciale. E tale mi si mostrò immediatamente e nel corso degli anni successivi, nei quali, a distanza, ma senza mai perderci di vista, abbiamo con impegno cercato di aprirci un varco nella società cagliaritana, senza mai perdere di vista l’impegno sociale. E così anche lui dall’assistentato ha percorso tutta la trafila che lo ha portato alla Cattedra. E l’ha onorata non solo con le ricerche e il magistero di insegnante, ma anche con la partecipazione alla vita politico culturale dell’Isola. In più, con l’attività di scrittore di successo ha portato anche di là del mare una conoscenza e una riflessione sulla società contadina in Sardegna. Ho avuto il piacere di presentare il suo primo romanzo, Il sale sulla ferita, a Carbonia, ma mi ha molto arricchito poi il suo libro su Sigismondo Arquer, che dalle fiamme di Toledo ancora ci incita alla libertà intellettuale e di pensiero. Come si vede i soggetti dei suoi romanzi richiamano sempre la perenne lotta per l’eguaglianza sociale e la libertà.
Giulio è sempre stato presente nel dibattito isolano con autorevolezza e sapienza, ed anche nei momenti in cui le nostre contingenti opzioni politiche non sono state collimanti ho sempre apprezzato la sua indiscussa onestà intellettuale e la sua intelligenza. Negli ultimi anni ho seguito con interesse le sue affilate riflessioni su Il Manifesto sardo, col quale collaborava con costanza.
Non è un luogo comune dire che con Giulio la Sardegna perde una voce importante, una di quelle che si levava sempre, quando necessario, a orientare o a far capire, ad aprire strade di ricerca, ad uscire dall’ovvio e dal banale, a provocare altra riflessione e la conseguente azione. E lo ha fatto sempre dalla parte dei ceti subalterni, di quel mondo in perenne lotta per migliori condizioni di vita, cui riteneva d’essere indissolubilmente legato. Da questo punto di vista di Giulio si può ben dire che è morto mantenendo fermi e saldi gli ideali della sua giovinezza, quelli di cui parlammo mezzo secolo fa quando, ragazzi, ci siamo incontrati la prima volta.. E questo, caro Giulio, penso sia il riconoscimento migliore nel momento in cui ci lasci.
1 commento
1 Oggi venerdì 13 gennaio 2017 | Aladin Pensiero
13 Gennaio 2017 - 17:35
[…] Giulio Angioni di Andrea Pubusa su Democraziaoggi. http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/12900 aladinews sardegnasoprattutto, i ragazzi di […]
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