Obiettivo di legislatura: semplificazione dell’aria fritta

14 Ottobre 2016
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Amsicora

«Raggiunto obiettivo di legislatura»: semplificazione dell’aria fritta

Risultati immagini per aria fritta foto  Assessori regionali mentre reclamizzano questo prodotto

Quante telecamere! Quanti paroloni! La Sardegna vuole crescere e creare sviluppo. Ci vuole una Pubblica amministrazione di qualità. Giusto, giustissimo! Ed opla! ecco il toccasana. Una legge di semplificazione è quel che ci vuole. La semplificazione è uno degli impegni assunti fin dalla campagna elettorale ed uno degli punti chiave del programma di governo di Pigliaru. Detto ed ecco fatto!
Nientemeno i nostri governanti regionali hanno previsto nella legge le conferenze di servizio in modalità telematica! Come dire che ancora oggi invece si continuavano defatiganti spostamenti per esprimere un’opinione o un voto in una conferenza di servizio prevista da un quarto di secolo (l. n. 241/1990) anche in via telematica! Pratica ormai diffusa in ogni dove: nelle università da almeno un decennio si fanno perfino le sedute delle commissioni concorsuali per via telematica.
E lo sportello unico? Rivoluzionario, davvero! E’ un’idea che esiste da almeno 20 anni. A quanti convegni ho partecipato in gioventù su questo tema! Il problema è  metterlo in funzione e farlo funzionare davvero. E qui cì sarebbe  molto da osservare. Ma andiamo avanti.
L’assessore (pardon!  l’assessora) Piras poi dice che nei procedimenti finalmente anche i cittadini non dovranno più presentare documentazione cartacea, basterà un semplice invio in formato digitale. Ma non dice quanta difficoltà pratica comporta questo clic, specie per la povera gente. O questa è esclusa dalla semplificazione? Ed in ogni caso è come dire che oggi si deve andare non col carro a buoi, ma in auto, non col piroscafo, ma in aereo… Che bravi!
L’autocertificazione poi esiste dal 1968 (L. n. 15 del 4 gennaio di quel mitico e indimenticabile anno) ed è stata reiterata nell’art. 18 della legge n. 241/1990. Si fonda sul presupposto che l’amministrazione, detentrice dei dati e competente alla certificazione di essi, può controllare la veridicità delle dichiarazioni che li autocertificano. Roba vecchia di mezzo secolo! Possono ricorrervi da subito - dice l’assessora - anche le strutture ricettive alberghiere, extralberghiere e bed&breakfast. Ma, di grazia,  la legge non le escludeva! Quindi si confessa che per mezzo secolo la Regione ha agito contra legem! Ma qui si fa il salto: l’autocertificazione sembra riguardare anche stati e qualità non ancora in possesso dell’amministrazione, e qui ci vuole prudenza o meglio occorrono verifiche immediate perché la questione involge non solo la tutela degli imprenditori ma anche e anzitutto quella dei cittadini ospiti delle strutture medesime. Esempio: se un albergatore si autocertifica a 5 stelle e non lo è, in quanto tempo il povero avventore potrà avere la dovuta correzione? O dovrà subire il danno di essere ospitato in una struttura da 3 o 4 stelle come se fosse un 5 stelle?
Quante rivoluzioni in una volta! Sono stordito. Ma ce n’è un’altra veramente avveniristica. Eccola: “di norma le procedure devono concludersi entro trenta giorni”. Sono salve ovviamente le eccezioni. Fenomenale novità! Sentite cosa dice l’art. 2 legge n. 241 del 1990: qualora le pubbliche amministrazioni non prevedano un termine diverso, per concludere la procedura con un provvedimento espresso, “il termine è di trenta giorni”. Una disposizione non nuova, ma semmai violata da un quarto di secolo dalla Regione e non solo!
Suvvia! Presidente Pigliaru, menar vanto del fatto che si deve mettere ordine sulle norme abrogate! Semmai ci si deve vergognare di non averlo fatto. Certo così  si agevola l’interprete. E questo è un bene. Ma non sanno i legislatori regionali che è un canone elementare della buona tecnica legislativa indicare espressamente nelle nuove leggi quali leggi o norme precedenti si abrogano?
La rivoluzione dell’aria fritta! Tanto rumore per nulla! Pura propaganda in stile renzusconiano. Cose da fare in silenzio e chiedendo scusa per non aver attuato prima le leggi esistenti da mezzo o da un quarto di secolo. Pero…però una novità c’è! E questa, poche chiacchiere!, è reale. Esempio: se la Regione scrive una lettera ad una collega del Foro giammai scrivere “avvocato”, solo “avvocata”. Se scrive ad un ungegnere femmina, “ingegnera” non “ingegnere” e così via.  E se sbaglia il genere? L’atto è nullo, annullabile o semplicemente irregolare? La risposta è ardua! La parola alla dottrina giuridica! Certo che imporre con legge modi di dire sembra semplicemente sbagliato o, se volete, inutile. Iregimi impongono vocaboli per legge. Nulla più della lingua è rimessa ai parlanti, all’evoluzione pratica. Servirà a favorire la parità di genere? Non più dell’evoluzione del costume. Comunque, attenzione! se l’assessora adotta un provvedimento lesivo dei vostri diritti ed interessi legittimi e si firma “assessore”, non rivolgetevi al Tar, non impugnate! Il ricorso sarà certamente …rigettato con spese a vostro carico! Uomo o donna avvisato/a mezzo salvato/a! Ma con la crsi che c’è, il nostro legislatore sardo non ha altro a cui pensare?!

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