Ciccittu Masala, un amabile folle libertario

12 Ottobre 2016
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Andrea Pubusa

Nei giorni scorsi in vario modo molti hanno ricordato Ciccittu Masala nel centenario dalla nascita. Un tributo più che meritato per questo piccolo grande sardo. Io l’ho incontrato la prima volta tanti anni fa alla Rai in viale Bonaria. Dovevamo partecipare ad una trasmissione, non ricordo su cosa. Lui era con Fernando Pilia, che me lo presentò, ma non ci volle neanche un secondo ch’egli mi mettesse a mio agio, mostrandomi subito, con la sua faccia e il suo sorriso, la sua grande umanità, e poi sorprendendomi con una conversazione scoppiettante, in cui,  con parole incisive, enunciava il suo credo. Inizialmente, confesso, mi parve un simpatico pazzo. Poi ho capito quanto invece il suo pensiero fosse affilato e profondo.  Se la prendeva con gli “italioti“, i  sardi con la testa sottomessa ai dominatori esterni (oggi penso a Francesco Pigliaru & C.) ,  “sono sardista“, “sono un internazionalista socialista” disse, “sardista-socialista-internazionalista“, parole al tempo inattuali e ancor più fuori tempo oggi, ma scavava nel profondo dell’animo umano.  “Sardista” perché visceralmente legato alla Sardegna, ai sardi, alla sua cultura, ai suoi interessi. “Internazionalista-socialista“, come nel socialismo e l’anarchismo originari, l’uomo è sempre un fratello, dovunque nasca e dovunque sia, e solo i governi e gli Stati lo frammentano e lo catalogano per dividerlo dagli altri. Ma lui che, da ragazzo aveva vissuto la terribile  “campagna di Russia”, disposta da Mussolini al seguito di Hitler, sapeva più di ogni altro quanto fosse assurda la contrapposizione degli uni agli altri, quanto fosse terribile e insensata la guerra. Parlava un po’ in italiano e un po’ in sardo e le sue parole erano di un’efficacia straordinaria, la sua faccia e i suoi occhi di un’espressività rara. Sapeva che io ero del Manifesto-Pdup, il movimento comunista-eretico di Lucio Magri, e dunque contrario alla guerra e favorevole all’internazionalismo. Questa mia posizione di “irregolare” gli piaceva, creava reciproca empatia. Ma la mia era acquisizione fredda, razionale, di cervello, lui invece parlava con l’anima. Le sue parole, i suoi gesti, il suo volto, il suo sorriso, la sua mitezza erano esse stesse espressione di amore per l’umanità e manifestazione di fraternità.
Rimasi affascinato, anche se mi parve e per lungo tempo lo considerai un uomo fuori dal mondo, un eccezionale folle visionario. Poi ebbi modo di reincontrarlo a casa sua e in una clinica oculistica, dove lui era ricoverato in contemporanea con mia madre. E lui con quella gente modesta, ospite della casa di cura, conversava amabilmente e, se possibile, in sardo. Mia madre rimase impressionata da quest’uomo di grande cultura e di così infinita semplicità. Mi diceva che il prof. Masala faceva sentire importanti anche gli interlocutori più umili, perché ne ascoltava con curiosità i racconti, stimolava i ricordi del mondo rurale, considerava quelle esperienze manifestazioni di una cultura non secondaria. Quei giudizi di mia madre mi aiutarono a capire la grandezza di quest’uomo. Compresi che quella sua follia nient’altro era che il frutto del suo spirito candido e completamente libero, del suo essere e sentirsi uomo del popolo, del suo istintivo egualitarismo.
Oggi, Ciccittu è ancor più inattuale di allora. Ma la sua è l’inattualità di chi contrasta le meschinità del presente, tutto economia, mercato, gelido interesse, tutto allineamento, intrigo, trama, personalismo. Ciccittu ci sollecita a tornare all’uomo, a riscoprire le grandi mete, le esigenze permanenti di libertà e liberazione, oggi più necessarie di qualche decennio fa a causa dell’intensificarsi dello sfruttamento e della subordinazione degli strati popolari.
Man mano che si va avanti negli anni ognuno di noi forma nella sua mente un album in cui iscrive le persone che lo hanno guidato col loro pensiero e con le loro azioni. che lo confortano sempre nelle traversie della vita di fronte ai fatti del mondo.  Devo dire che Ciccittu nel mio album c’è. E’ una di quelle persone che nei momenti di riflessione amara sul presente mi rincuora e mi incoraggia, mi dice, anche con le sue poesie e i suoi scritti, di tener duro con tranquilla coscienza. Quella sua libera follia è una delle molle che mi sprona ancora a battagliare per la democrazia e l’eguaglianza.

Ecco una poesia di Ciccittu Masala

Subra sa losa de Salvador Allende

Mi ana mortu sos gorillas de Santiago,
mi ana mortu sas municas de Valparaiso,
mi ana mortu sas segnoras de Viñadelmar,
mi ana mortu sos proprietàrios de Antofagasta.
[…]

Sopra la tomba di Salvador Allende

Mi hanno ucciso los gorillas di Santiago,
mi hanno ucciso las momias di Valparaiso,
mi hanno ucciso las señoras di Viñadelmar,
mi hanno ucciso los terratenientes di Antofagasta.

In nome della Patria e di dio, mi ha ucciso
Un generale in monocolo, lucido-stivale,
un generale cacafusi, decorato di medaglia
di merda, in nome di dio e della Patria.

Ora sono qui, sottoterra, con la faccia divorata
dalle pallottole di un generale cacafusi,
sopra il cuore sta un paio di lucidi stivali,
dentro il teschio bruca un verme di generale.

Accanto a me è sepolta una vecchia pobladora,
zia Francesca Ferrale, sarda e cilena, morta
di fame: gente, non pregate per noi,
sarebbe l’ultima vostra stupida vergogna.

Ahi, mio Cile, pezza-da-piedi del Signor Generale!

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