L’accoglienza non basta, ci vuole l’inserimento

12 Settembre 2016
2 Commenti


Andrea Pubusa

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Di fronte a quanto sta avvenendo nella vecchia Europa (ora il muro lo fanno Inghilterra e Francia) mi chiedo se il fenomeno dei migranti possa essere visto come un semplice problema di accoglienza. Accoglienza è un termine che si riferisce prevelentemente alla sfera morale, del sentire delle persone e indica la disponibilità a essere solidale con gli altri coi più deboli. E’ indubbiamente frutto di una visione umanitaria del mondo e della considerazione del rispetto e della sacralità di ogni persona, per il solo fatto di esistere. Credo che predicare l’accoglienza, com fa anche Francesco sia una cosa buona e giusta e lo sia ancor più la pratica dell’accoglienza. Tuttavia, spostando l’attenzione sulle istituzioni, mi chiedo se questo basti a porre nei giusti termini la soluzione del problema. E mi spiego. Muovendo dall’idea dell’accoglienza le istituzioni hanno demandato il compito di far fronte ai migranti ad associazioni umanitarie o religiose, prima fra tutte la Charitas, a cui assegna un contributo per ogni migrante assistito. Il risultato è che si è formato subito un business con risvolti oscuri e di tipo latamente mafioso.
Anche i privati che si sono lanciati nell’accoglienza hanno fiutato l’affare: vecchi locali fatiscenti e dismessi vengono rapidamente verniciati e messi a disposizione anche nei luoghi più improbabili ottenendo un ormai insperato guadagno. Basta leggere la cronaca: alberghi dismessi da anni nei luoghi più sperduti divengono i serragli, facilmente abbandonabili in cui i migranti vengono sistemati. I comuni vengono poi precettati a ricevere determinate quote  e così si apre un altra criticità: come fanno quei centri, veri e propri luoghi di fuga a causa della disoccupazione senza rimedio, a dare una qualche prospettiva ai nuovi arrivati? E non c’è il pericolo che l’attenzione e la spesa in favore di questi, a fronte dell’abbandono dei nostri concittadini, provochi reazioni politiche e di opinione sempre più dure? Quanto si sta verificando in tanti comuni sardi, di solito più che tranquilli, insoma, è molto preoccupante. Ma lo è anche non potersi più recare in taluni paercheggi senza il timore di una vera e propria pressione arrogante e per nulla amichevole. O ancora il sedersi ad un tavolo a Marina nelle sere d’estate a scambiare due chiacchiere con degli amici ed essere interrotti continuamente dalla processione dei migranti che chiedono un obolo o propongono una compravendita. Vedere anche  in via S, Ignazio tanti giovani neri aitanti e nulla facenti, sdraiati nelle panchine non è un bello spettacolo. Ogni esercizio pubblico cagliaritano ormai ha un questuante alla porta.
E’ accoglienza questa? Insomma, l’accoglienza e solo l’essere garbati con questi nostri fratelli? Il tollerarli anche quando ci danno fastidio nelle nostre attività quotidiane? Penso che alla lunga questo atteggiamento, sostanzialmente, pilatesco delle istituzioni e nostro non costituisca argine al precipitare del problema.
Sarebbe, dunque, meglio lasciar l’accoglienza allo spirito dei singoli e, a livello istituzionale, trovare  soluzioni che non siano la mera assistenza in appalto a questo o a quello, soggetto o associazione.
Certo, dare risposte è difficile, praticarle ancora di più. Ma bisogna provarci. Sicuramente occorre abbandonare le politiche liberiste e pensare a piani straordinari di lavoro che inseriscano bianchi disoccupati e neri in attività di recupero urbano. Basta guardare quante aree degradate ci sono a Cagliari e pensare al paradosso di giovani aitanti che costano 35-40 euro al giorno per non far nulla. Se poi si va nei paesi e nelle campagne il discorso non cambia, c’e tanto da fare. Insomma, dall’accoglienza bisogna passare all’inserimento loro, insieme ai tanti disoccupati nostri. E, assunte queste misure, richiedere con rigore l’assolvimento dei doveri a tutti, bianchi e neri.  Senza sconti. Ma, per far questo, bisognerebbe rimettere il lavoro, l’occupazione, l’utilità sociale al centro dell’azione piolitica e amministrativa. Capisco che è più difficile che far semplice assistenza, ma ne va non solo della sorte dei migranti, ma delle stesse nostre istituzioni democratiche.

2 commenti

  • 1 francesco Cocco
    12 Settembre 2016 - 06:35

    Due interventi stimolanti sia quello di Franco Sabattini sia quello quelloi del direttore di questo blog. La soluzione la indica Sabattini a conclusione del suo articolo: stabilizzarli nei loro paesi d’origine pena la catastrofe. Non si può porre soluzione a questo esodo biblico con forme di carità pelosa o con interventi di becero affarismo come giustamente sotsiene Andrea. Si stanno cominciando a delineare grossi problemi di ordine pubblico che col tempo possono diventare irrisolvibili. L’ Occidente ha gravi responsabilità verso il terzo mondo ed oggi se ne deve far carico anche perchè quei popoli non hanno solo diritto ad un’ assistenza caritatevole ma soprattutto a realizzare la loro soggettività storica e loro identità nelle terre d’ origine. Quel che sta accadendo è in linea col più speculativo e cieco capitalismo non certo con gli interessi del popolo dei migranti.

  • 2 Migranti | Aladin Pensiero
    12 Settembre 2016 - 16:52

    […] di Andrea Pubusa su Democraziaoggi […]

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