Gianfranco Sabattini
Il fenomeno dei migranti che incombe prevalentemente sui Paesi europei è affrontato irrazionalmente e in modo contraddittorio; l’ultimo esempio è l’accordo sui rifugiati tra l’Unione Europea e la Turchia, risalente alla fine dell’anno scorso; un Paese, questo, che oltre a non riscuotere molta fiducia sulla sua propensione a rispettare i patti, risulta essere uno dei principali sostenitori dell’ISIS, la cui ascesa è una delle cause principali del flusso dei rifugiati.
Al fine di evitare che questi ultimi costituiscano una massa di individui costretti a vagare senza scopo per il mondo, in “La nuova lotta di classe. Rifugiati, terrorismo e altri problemi coi vicini” Slavoj Žižek, filosofo sloveno, ricercatore all’Istituto di Sociologia dell’Università di Lubiana, sostiene che il “giusto obiettivo” di una razionale politica di accoglienza dei migranti dovrebbe consistere nel “cercare di ricostruire la società globale in modo tale che non ci siano più rifugiati disperati e costretti a vagare”; per quanto possa apparire utopistica, questa soluzione, a parere di Žižek, sarebbe l’unica realistica, ma l’”esibizione di virtù altruistiche finisce per impedirne la realizzazione”.
Ciò perché, più si trattano i rifugiati come destinatari di aiuti umanitari, lasciando che la situazione che li ha costretti a lasciare i loro Paesi si trasformi in una costante, più essi saranno propensi a migrare in Europa; ciò, fino a che le tensioni raggiungeranno un “punto di non ritorno”, a danno dei loro stessi luoghi di origine, ma anche dei Paesi europei di accoglienza.
La soluzione proposta da Žižek, di risolvere il problema dei migranti attraverso una ricostruzione della società globale, è plausibile; ma risulta oltremodo utopistica, non tanto riguardo allo scopo, quanto riguardo al modo in cui perseguirlo; si tratta di un’opzione “movimentista”, da tempo conosciuta, non solo per avere avuto un certo successo negli anni passati, ma anche per essersi rivelata del tutto priva di effetti, sul piano della cura delle conseguenze negative dovute alla crisi delle relazioni internazionali.
A parere di Žižek, il problema dei rifugiati offre all’Europa, e forse al mondo intero, considerato che tale problema ha una dimensione globale e non solo europea, la “possibilità di ridefinirsi, di contraddistinguersi dai due poli che le si oppongono: il neoliberismo anglosassone e il capitalismo autoritario permeato di ‘valori asiatici’”; pertanto, l’Europa, anche per ricuperare il nucleo emancipativo dell’idea comunitaria, dovrebbe “lasciarsi alle spalle” una serie di pregiudizi sui quali sinora la sinistra ha impostato il proprio atteggiamento riguardo al fenomeno migratorio. Fra tali pregiudizi, alcuni risultano, oltre che dannosi, contraddittori rispetto all’urgenza per l’Europa di ridefinirsi; in particolare, quelli di equiparare l’eredità emancipativa con l’imperialismo culturale e il razzismo, nonché l’altro, secondo cui “la protezione del proprio modo di vita sia in sé una categoria protofascista o razzista”.
Malgrado le responsabilità dell’Europa per la situazione dalla quale i rifugiati oggi fuggono, occorre che ci si liberi dal convincimento secondo cui il compito principale degli europei dovrebbe essere la “critica dell’eurocentrismo” e il rifiuto dei valori culturali dell’Occidente, “proprio nel momento in cui, se reinterpretati criticamente, molti di essi – egualitarismo, diritti umani fondamentali, welfare state, per fare qualche esempio – potrebbero servire da arma contro la globalizzazione capitalista”. Inoltre, occorre anche cessare di credere nella protezione multiculturalista dello stile di vita dei migranti; insistendo troppo in questo intento, si finisce coll’aprire “la strada all’ondata xenofoba che prospera in tutt’Europa”, provocando l’esplosione di un arrogante moralismo contro i “diversi”.
Perché pensare di ridefinire l’idea comunitaria o l’intera arena globale in funzione della soluzione del fenomeno mogratorio? Perché, a parere di Žižek, l’attuale disordine globale, del quale il fenomeno migratorio è solo uno dei tanti aspetti, è il “vero volto del Nuovo Ordine Mondiale”; all’interno di questo “Ordine”, gli africani e tutti coloro che lasciano il loro Paese d’origine alla ricerca di un nuovo posto in cui ”sia conveniente vivere”, se lasciati a sé stessi, non saranno mai in grado di cambiare la loro condizione esistenziale. Perché i Paesi europei e, in genere, tutti i Paesi che costituiscono il ricco Occidente, impediscono loro di farlo?
Perché, come già messo in evidenza da Thomas Pogge, malgrado la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata e proclamata dalla Conferenza delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, le politiche delle economie ricche nei confronti dei Pesi arretrati privano i loro cittadini dei più elementari diritti di sopravvivenza, non solo con la soppressione e la devastazione delle loro economie di sopravvivenza, ma anche con l’espropriazione delle loro risorse. In questo modo, originano nuove forme di apartheid, nel senso che alcune parti del mondo, in cui è possibile la sopravvivenza, si differenziano, isolandosi da “un caotico ‘fuori’, afflitto da disordini diffusi, dalla fame e da guerre permanenti”. Nonostante tutte le critiche formulate contro il neocolonialimso economico – secondo Žižek- l’Occidente non rileva appieno gli “effetti devastanti che ha avuto la globalizzazione su molte economie locali” arretrate.
E’ da qui che, a parere del filosofo sloveno, i Paesi dell’Occidente, e dell’Europa in particolare, devono partire, se realmente intendono porre rimedio al fenomeno, divenuto ormai insostenibile, della nuova forma di migrazione dei popoli; senza trascurare il fatto che la condizione disperata dei rifugiati fa parte di un piano ben concertato, dal quale alcuni Stati, alla maniera degli antichi negrieri, traggono vantaggi inconfessabili (Turchia docet). In altri termini, i Paesi del ricco Occidente devono convincersi che la nuova forma di apartheid, che separa i ricchi dai poveri a livello gloabale, non costituisce una “contingenza deplorevole, ma una necessità strutturale dell’odierno capitalismo globale”; è questa necessità strutturale che occorre cambiare, ma come?
Nel mondo globalizzato, mentre le merci circolano liberamente, le persone sono ostacolate nei loro movimenti, rendendo contraddittorio il modo in cui il capitalismo si relaziona a tali movimenti: esso ha bisogno che gli individui si muovano liberamente, per disporre dei loro servizi lavorativi a basso costo, ma nello stesso tempo ha bisogno di controllarne i movimenti, perché non può garantire la sopravvivenza a tutti. Poiché la richiesta di libertà di circolazione da parte dei migranti è insopprimibile, non potendo ottenerla all’interno del vigente ordine mondiale, a parere di Žižek l’impedimento sarebbe il punto dal quale essi dovrebbero partire, imponendo mediante una lotta di emancipazione, l’estensione della libera circolazione delle merci alle persone, come prezzo che i Paesi dell’Occidente sono chiamati a pagare per la conservazione dell’economia globale.
Per questa via, l’Occidente sarebbe costretto a fornire ai rifugiati i mezzi per la loro sussistenza fuori da ogni afflato umanitario, acquisendo la consapevolezza che il futuro del mondo “sarà fatto di grandi migrazioni” e che l’unica alternativa all’integrazione sarebbe “una rinnovata barbarie”. Per evitare quest’alternativa sarà necessario, a parere di Žižek, che l’Occidente accetti un cambiamento radicale dell’ordine mondiale esistente, tale da fare cessare il verificarsi del fenomeno dei rifugiati; tenendo presente che la causa prima del fenomeno è l’attuale capitalismo globale; sin tanto che quest’ultimo non sarà riformato, i flussi di migranti saranno destinati ad espandersi. L’iniziativa per realizzare questa riforma dovrà essere presa dai popoli dell’Occidente, perché se essi vorranno attendere l’arrivo di un improbabile “attore rivoluzionario” che sappia offrirsi come loro leader, il rischio verso il quale saranno spinti dallo sviluppo storico lasciato a sé stesso sarà una sicura catastrofe.
Per evitare questo rischio, i popoli occidentali dovranno optare, al fine di cambiare lo status quo del mondo capitalistico, per una riproposizione della “vecchia” lotta di classe, fondata sulla “solidarietà globale degli sfruttati e degli oppressi”; a parere di Žižek, se i popoli occidentali non si impegneranno a promuoverla ed a sostenerla, essi saranno inevitabilmente perduti, meritando questa fine per via della loro inanità.
Žižek, tuttavia, conclude la sua analisi del problema degli immigrati osservando che, forse, la sua speranza di vedere riproposta la lotta di classe per risolvere il problema dei rifugiati è un’utopia; in realtà, egli ha motivo di ritenerla tale, ricordando forse che, negli anni Sessanta del secolo scorso, Franz Fanon, filosofo francese, quale rappresentante del movimento terzomondista, sosteneva la necessità che i Paesi colonizzati conducessero uniti una lotta di classe per portare a compimento il processo di decolonizzazione. Nella sua opera principale “I dannati della terra”, Fanon, proponeva, come Žižek, che i Paesi colonizzati realizzassero con la loro lotta una rivoluzione globale che abolisse definitivamente il colonialismo.
In realtà, la decolonizzazione che si è verificata nei primi decenni della seconda metà del secolo scorso non è stata certo conseguita per merito della lotta di classe condotta dai Paesi colonizzati, ma per l’interesse delle potenze egemoni del dopoguerra (USA e URSS) a ridimensionare il diritto esclusivo sulle risorse dei Paesi colonizzati da Parte di quelli colonialisti più conservatori (Gran Bretagna, Francia, Belgio, ecc.). Ciò, tuttavia, non ha impedito che si riproponesse, sotto altre forme (neocolonialismo) la conservazione del diritto esclusivo sulle risorse dei Paesi ex colonizzati da parte dei Paesi economicamente avanzati; le conseguenze sono state la destabilizzazione delle condizioni esistenziali dei popoli arretrati e la nascita successiva del fenomeno migratorio, oggi in cima alle preoccupazioni di chi domina l’economia globale.
Di fronte al fallimento delle utopie, quali quelle avanzate da Žižek e, prima di lui, da Fanon, è forse più conveniente fare assegnamento, realisticamente, sulla razionalità dell’Occidente; questo, prima o poi non mancherà di valutare il “costo” del prprio egoismo e quando il costo si livellerà ai vantaggi dell’egoismo, sarà giocoforza valutare conveniente la rimozione delle conseguenze negative dell’esclusivismo. La situazione in cui versa il mondo globale in presenza del problema migratorio è prossima al momento in cui se ai migranti non sarà data la possibilità di stabilizzarsi in condizioni dignitose nei loro Paesi d’origine, l’alternativa alla mancata soluzione del problema sarà, come ricorda Žižek, la catastrofe.
1 commento
1 Migranti | Aladin Pensiero
12 Settembre 2016 - 17:00
[…] Pubusa su Democraziaoggi —————– Migranti e mercato globale di Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi - segue […]
Lascia un commento