La specialità sarda fra belle parole e deforma Renzi

15 Marzo 2016
4 Commenti


Andrea Pubusa
 

L’altro giorno si è tenuto nella nostra Facoltà di Giurisprudenza un incontro sulla specialità sarda col contributo di studiosi di varie nazionalità. Precedenti impegni mi hanno impedito di assistere, anche se da uno dei promotori,  l’assessore alla riforma regionale Prof. Demuro, più che parole auspichiamo fatti e atti di governo, al momento di consistenza vicina allo zero. D’altronde cosa ci si può aspettare da sostenitori dello “scasso” costituzionale di Renzi? Può da costoro venire un credibile contributo per un qualche sviluppo della specialità? L’autonomia è di per sé espressione di un rapporto fra due soggetti, cosìcché se solo uno rafforza i propri poteri, corrispondetemente, in pari misura indebolisce l’altro. Ora che la deforma Renzi miri ad un accentramento è ammesso da tutti anche dai suoi sostenitori. Non solo, anche se il sistema regionale italiano si fonda su regioni ordinarie e regioni differenziate, è evidente - e questo è sempre stato chiaro e pacifico - che non può svilupparsi la specialità se l’insieme delle autonomie s’indeboliscono a fronte di un processo di accentramento statuale.
L’attuale progetto di controriforma costituzionale ha, come noto, una portata molto ampia, non si limita all’intervento nei rapporti tra lo Stato e le Regioni ma apporta significative modifiche alla Parte Seconda della Costituzione, che vanno dal “superamento” del bicameralismo paritario ad un significativo rafforzamento del ruolo del Governo. Lo “scasso” incide quindi necessariamente sulla forma di governo e sulla forma di Stato regionale, attraverso una nuova modifica del Titolo V.
Che, a quasi tre lustri, la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 necessiti di una messa a punto è difficilmente discutibile, anzitutto per le difficoltà attuative di quella riforma in ragione delle ocurità del testo, che hanno accentuato i contrasti interpretativi, pregiudicando la semplicità dei rapporti tra lo Stato e le Regioni. A ciò si è aggiunta la grave crisi economica del Paese, da cui si può uscire in due modi: o con un’accentuazione del carattere democratico dell’ordinamento (alla Roosevelt) o in modo autoritario (non necessariamente fascista). La messa in discussione dell’autonomia regionale e, più in generale, degli enti territoriali italiani si muove in questa seconda direzione.
A prima vista, per quel che concerne i rapporti Stato-Regioni, questa deforma pare muoversi in senso ampliativo: nella propaganda del governo il Senato diviene esplicitamente rappresentativo delle “istituzioni territoriali” (art. 55 Cost. nuovo testo), una Camera “delle Autonomie” che consente l’immissione di una rappresentanza regionale e comunale nel procedimento legislativo, di indirizzo e di controllo. Insomma - dicono  le trombe renziane - si crea un Senato che «rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica» (art. 55 Cost. nuovo testo). Tuttavia queste enfatiche dichiarazioni di principio sono smentite dalle disposizioni sull’organizzazione e sulle funzioni del nuovo Senato. Per prima cosa questa assemblea  sarà composta da 100 membri, 95 scelti dalle Regioni (21 devono essere sindaci) e 5 dal Presidente della Repubblica. Per capirci, se (ahinoi!) verrà rieletto, Zedda sarà sindaco di Cagliari, presidente dell’area metropolitana, ancorché scelto solo dagli elettori cagliaritani, e, sempre con questa limitata legittimazione democratica, sarà senatore! E’ una forzatura dire che il futuro sindaco di Cagliari rappresenterà la Sardegna molto meno di quanto, seppur malamente, lo fanno i 7 senatori dell’attuale Senato? E poi che dire delle funzioni legislative del “nuovo” Senato? Non esiste una specifica competenza di raccordo fra Stato e Regioni, ma, demenzialmente, vengono introdotti ben nove procedimenti legislativi con maggioranze varie. Questo garbuglio creerà un contenzioso molto esteso perché dove c’è un riparto di materie - come ben sanno i giuristi - c’è sempre contesa. Un bel lavoro per la Corte costituzionale! E le discipline legislative - alla faccia della accelerazione - saranno incerte, a fronte del procedimento attuale molto semplice, dovendo tutte le leggi avere la doppia approvazione.
E gli strumenti di cooperazione Stato/Regione? Nisba, niente, neanche l’ombra. Eppure, nell’ambito delle funzioni ed attribuzioni del Senato, dovrebbero essere questi gli strumenti finalizzati a favorire la composizione dei conflitti di competenze tra Stato e Regioni attenuando, così, quel tasso di conflittualità che ha rappresentato uno degli elementi maggiormente negativi della riforma del Titolo V del 2001.
C’è poi una controtendenza rispetto alla revisione del 2001 anche nel riparto delle competenze legislative di Stato e Regioni. Il nuovo testo dell’art. 117 Cost. sposta verso le competenze esclusive statali molte materie-chiave, qualificate come di interesse unitario, quali produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto, ordinamento della comunicazione, tutela e sicurezza del lavoro. Questo trasferimento secco significa potere forte d’incisione sul territorio e l’ambiente delle Regioni senza che queste possano proferir parola. Trivelle, trafori, pale, pannelli, scelta dei siti per le scorie e simili saranno appannaggio dello Stato in combutta con i grandi gruppi economici nazionali e internazionali. In Sardegna abbiamo già più che un sentore di questo gelido vento accentratore. In mancanza di effettiva interlocuzione istituzionale Stato/Regione, la parola passa necessariamente alla piazza ed è prevedibile che a quel punto chi protesta verrà pestato e/o incriminato, come già oggi i NO TAV e i pacifisti antibasi. A fronte delle decisioni governative i sardi dovranno star zitti. Altro che specialità!
La forma di Stato è dunque coerente con la forma di governo: si rafforza l’esecutivo, si indebolisce la rappresentanza e il parlamento, si depotenzia l’autonomia regionale con un ri-accentramento di funzioni in capo allo Stato.
C’è poi nella deforma Renzi l’introduzione di una pressoché generalizzata “clausola di supremazia”, che consente al legislatore statale di sostituirsi a quello regionale in tutti gli ambiti in cui non disponga già di una competenza esclusiva. E in tutti i casi viene reintrodotta la clausola, già sperimentata nel nostro ordinamento sino alla riforma costituzionale del 2001, dell’“interesse nazionale”, che aveva consentito una forte espansione delle leggi statali ai danni del legislatore regionale.
Cosa possa salvarsi dell’autonomia speciale in questa tenaglia renziana è difficile capire e ipotizzare. Ma attendiamo di conoscere gli atti del Convegno tenutosi nella nostra Facoltà di Giurisprudenza la scorsa fine settimana. Che l’Assessore prof. Demuro, pronunciando magiche parole, abbia tirato fuori dal cilindro il classico coniglio?

4 commenti

  • 1 SARDEGNA INDIPENDENTE, SOVRANA, FEDERATA, AUTONOMA… Tra un dire e un fare sempre più divaricanti. | Aladin Pensiero
    15 Marzo 2016 - 09:51

    […] Andrea Pubusa, su Democraziaoggi – segue – L’altro giorno si è tenuto nella nostra Facoltà di Giurisprudenza un […]

  • 2 acasioneri
    16 Marzo 2016 - 01:51

    Gran bell’articolo. Ho apprezzato molto anche quello sulla tecnica di drafting nel ddl cost..
    Una curiosità: quando e dove verranno pubblicati gli atti del convegno?

  • 3 Franco Meloni, direttore Aladinews
    17 Marzo 2016 - 15:37

    Andrea Pubusa non ha molta fiducia (è un eufemismo) nella Giunta regionale in carica e nell’assessore agli aa.gg. e alla riforma. Diversamente dai corsi della Corsica che vorrebbero addirittura imitare la Regione Sarda. Infatti nella recente comune “dichiarazione d’intenti” Sardegna-Corsica è scritto testualmente: “(…) la Sardegna e la Corsica credono al contempo che il rafforzamento delle forme di autonomia politica possano creare migliori condizioni di attuazione di una democrazia realmente partecipata. In tale contesto il Consiglio Esecutivo della Corsica ritiene che le condizioni dell’Autonomia Sarda, depositaria di un effettivo potere legislativo, siano un punto di riferimento preciso nel percorso di approfondimento dell’Autonomia Corsa (,,,) “. Chiedo ad Andrea se sia il caso di avvertire i corsi che il Governo di Renzi ci vuole togliere anche la poca autonomia di cui attualmente dispone la Regione Sarda e che Pigliaru e la sua Giunta sono renziani sfegatati e pertanto complici delle malefatte del Governo italiano.

  • 4 Franco Meloni, direttore Aladinews
    17 Marzo 2016 - 15:44

    Per quanti volessero approfondire la questione, segnaliamo la documentazione presente sul sito di Aladinews, con i pertinenti rinvii ai siti della RAS e della Collettività Territoriale della Corsica: http://www.aladinpensiero.it/?p=53697

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