Andrea Pubusa
Un tempo si diceva “praticare l’obiettivo“, oggi Landini la chiama “pratica sociale“, ma il concetto è lo stesso: creare movimenti che nelle cose anticipano le riforme, il mondo che vorremmo. Come negli anni ‘50, quando per creare occupazione nei paesi, il PCI e il sindacato organizzavano squadre di operai per fare lavori utili, o ancor prima l’occupazione delle terre. Non è solo movimentismo. Landini non ha fatto citazioni, dietro il suo discorso però s’intravede l’idea di “egemonia” di Gramsci, e quella conquista di tante postazioni sociali e istituzionali, le “casematte” di Nino da Ales, che messe insieme ti fanno prevalere sugli avversari. Ecco, se vogliamo tornare a vincere, ci vogliono, ma non bastano, le lotte del sindacato e quelle di spezzoni di movimento, pur importanti. Ci vuole qualcosa di più: bisogna creare un senso comune, che fa camminare le idee del mondo del lavoro, un comune sentire che fa sì che il punto di vista, la visione del mondo dei lavoratori diventi prevalente anche negli altri settori della società. Oggi, infatti, ci sono state battaglie durissime ma è egemone l’idea di concorrenza, il punto di vista del grande padronato che fa dell’impresa l’ombelico del mondo. E’ per questo che è passata la controriforma di Renzi sul lavoro, con la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto, e passa anche lo scasso della Costituzione, perché anche l’ancoraggio ai principi della Resistenza è stato soppiantato da una voglia di nuovo autoritarismo, di stivali dei tanti commissari straordinari, prefetti e questori, che già oggi sono organi decisori al posto di una ormai inesistente rappresentanza. E così la questione democratica, la riconquista della partecipazione è ridiventata la trincea avanzata del mondo del lavoro di fronte all’attacco convergente dei potentati imprenditoriali e finanziari con in testa Renzi in Italia e i grandi gruppi finanziari internazionali nella UE.
Ecco è questa egemonia dei nostri avversari che bisogna battere con una mobilitazione capillare che unisca tutte le forze e i movimenti, così da sviluppare un’azione combinata, una pratica sociale e una riflessione teorica, capaci di ricreare un pensiero egemonico con al centro il lavoro e la partecipazione democratica.
Il dibattito che ha preceduto le conclusioni di Landini è stato interessante, ma non competamente in sintonia col suo pensiero e la sua proposta. C’erano tante stonature, tanti fuori tema. E così dopo l’intervento introduttivo di Mariano Carboni della Fiom sarda, da Marco Ligas mi sarei aspettanto un intervento sulla sua “pratica sociale” di direttore de Il Manifestosardo, un lavoro, un’azione, continua, preziosa e intelligente per far camminare un punto di vista di sinistra. Cosa si fa e cosa si può fare per contrastare dal basso, coi blog e col web, l’egemonia sull’informazione dei potentati economici? Come si possono coordinare i diversi siti d’informazione alternativa, come dar loro maggiore visibilità e diffusione? Come stimolare campagne d’informazione comuni sui temi sul tappeto? Sul lavoro avrei voluto sentire un lavoratore fare il punto sulla situazione nelle fabbriche di Macchiareddu e Sarroch, sulle battaglie e le difficoltà dei lavoratori, sempre più isolati dal contesto sociale. Oggi, diversamente di 20-30 anni fa, non si ha neppure più sentore di quellle realtà. Bisogna tornare a parlarne dentro e fuori le fabbriche. Dalla scuola, oltre a quanto ben si è detto, avrei voluto sentire una informazione dettagliata sull’eccellente attività svolta nelle scuole cagliaritane da CIDI-ANPI-SPI sulla Resistenza e sulla Costituzione, concretizzatasi in un bel volumetto, che è insieme punto d’arrivo del lavoro di un anno e base di partenza per l’intervento capillare dei mesi prossimi. Il lavoro duro e incessante contro le basi e i giochi di guerra in Sardegna che hanno avuto una vasta eco e un ampio consenso in Sardegna. E ancora il lavorio di Emergency e del collettivo che mette su il “Mese dei diritti” al via nei prossimi giorni. E così in tanti altri settori. Ecco, questi sono tanti spezzoni, di una pratica sociale alternativa, che in città si muove, frammentata e senza organicità; sono queste realtà già in movimento che la Coalizione sociale deve unire, deve mettere in comunicazione in modo che quanto già si fa venga migliorato e il suo impatto venga moltiplicato dall’essere frutto non di tanti collettivi, associazioni o circoli isolati, ma di un lavoro in qualche modo condiviso entro la Coalizione. Questo è il valore aggiunto dello stare insieme, della condivisione, dell’informazione, della circolazione di idee, pur nell’autonomia di ciascuno.
La costruzione della Coalizione sociale a Cagliari è dunque difficile come tutte le conquiste del movimento popolare, ma è meno astratta e lontana di quanto a prima vista possa apparire, perché c’è già chi fa pratica sociale, ci sono tante realtà in movimento. Ora occorre metterle insieme, pur mantenendole autonome.
Quali le prossime tappe per andare avanti? Un coordinamento che prepari con molta cura un nuovo incontro, in cui ogni pezzo di movimento illustri se stesso e inizi così a dialogare e coordinarsi con gli altri. Infine, una raccomandazione: questa è opera di giovani, di chi sta sul campo. Noi, dalle bianche chiome, diamo una mano forte, ma stiamo in seconda fila.
1 commento
1 Tonino Dessi'
16 Novembre 2015 - 09:38
Credo sarà bene che il processo di costituzione della coalizione sociale acquisti davvero i connotati di luogo di confronto tra i movimenti reali che praticano obiettivi sociali, democratici e di affermazione dei diritti e -per chiarezza- non si faccia coinvolgere nemmeno indirettamente dalla formazione delle liste per le elezioni comunali a Cagliari.
Lascia un commento