La straordinaria storia di Nino Garau, il patrtigiano cagliaritano torturato dai tedeschi: “Se vi volete sentirvi come animali da circo, il fascicmo è quello che fa per voi!
Ci sono storie che meritano di essere raccontate. Quella di Nino Garau, ad esempio. Ho avuto l’onore di averlo ospite a Spread, la trasmissione che conduco insieme a Walter Falgio ogni martedì su Radio Sardegna.
Garau ha 89 anni e dopo l’8 settembre decise di unirsi ai partigiani nella pianura modenese. Divenne dubito un comandante e liberò il paese di Spilamberto prima dell’arrivo degli Alleati. Ha tenuto nascosta la sua storia per 67 anni, fino a quando un gruppo di storici non lo ha convinto a raccontare tutto davanti ad una telecamera.
Nino Garau ora non nasconde più il passato. A Spread ha risposto alle domande di due studentesse, Camilla Podda dell’istituto Martini e Consuelo Sanna dell’Istituto Tecnico Scano. Ascoltate la storia della sua cattura, delle torture, e della fuga da carcere. Non la dimenticherete mai. Ascoltate anche come definisce il fascismo: “Era come essere animali di un circo”.
Ecco l’intervista a Nino Garau (per ascoltare clicare su mp3)
Ecco ora un’altra intervista pubblicata su Tiscali news
Il partigiano Nino, gli orrosi della guerra, la Resistenza e la lotta per la verità
(RosasPress)
di Monica Magro
La decisione di prendere le armi, l’appoggio dei contadini, degli operai, delle persone comuni, e le più grandi vicende legate alla lotta contro il nazifascismo, vedendo la morte in faccia, svegliandosi con un mitra tedesco puntato addosso. E ancora subendo torture, patendo freddo e fame, mettendo a rischio la pelle per salvare le persone alle quali veniva portato via il bestiame, incendiata la casa, o che venivano impiccate. Con un obiettivo sempre di fronte: la voglia di superare la guerra, al più presto, e di tornare nella propria terra.
Spesso sono le storie narrate nei libri, ma a raccontarlo questa volta è Nino Garau, comandante della Brigata partigiana “Aldo Casalgrandi” operativa durante la Resistenza nel Modenese. In piena forma fisica, Garau a 92 anni tiene accesa la fiamma della memoria. Ci accoglie nella sua casa vestito di tutto punto, e non vede l’ora di iniziare a raccontarci ciò che ha passato, che ha fatto e che rifarebbe. Difficile chiedergli cosa ricorda, perché la memoria di Nino non si inceppa mai, ricorda tutto.
Nonostante fino al 2006 sia rimasto in silenzio. “L’ho fatto per questioni di etica professionale”, ha detto l’ex comandante partigiano, “ero segretario generale del Consiglio regionale, dovevo suggerire al Presidente le soluzioni dei problemi che sorgevano tra i contrasti tra un gruppo e l’altro nell’interpretazione della procedura parlamentare, non potevo manifestarmi di sinistra o di centro o di destra, sarei stato non obiettivo”. Da allora, non ha più smesso di farlo, e di ricostruire la sua esperienza dall’8 settembre del 1943 fino alla Liberazione, e l’ha fatto soprattutto rivolgendosi ai giovani: “Se si racconta ai giovani, é importantissimo raccontare, perché il terreno che rappresentano i giovani é ancora incontaminato”. E l’ha fatto anche attraverso il mezzo cinematografico: un anno di riprese per 21 ore di girato “Eppe e gli altri, storia di vita di un comandante partigiano sardo”.
Ripercorre la sua vita resistenziale partendo dalle sue origini familiari. La sua era una famiglia borghese cagliaritana, Nino Garau ha sempre avuto la passione per “il volo”, perciò aveva deciso di iscriversi all’accademia dell’Aeronautica di Caserta, ma dopo pochi anni, l’8 settembre, viene trasferito nel modenese, dove viene introdotto nell’aspetto della resistenza, con le masse popolari, contadini, diseredati: gli ultimi, di fronte a un mondo che non aveva mai conosciuto prima. “Un mondo che in Sardegna non avrei mai conosciuto, sarei stato al di fuori del mondo reale, ora capisco quelli del Sulcis, di Porto Torres, tutti quelli che stanno soffrendo”.
Racconta nei dettagli la formazione della brigata partigiana, le azioni di resistenza, la prigionia tedesca, la liberazione del paese di Spilamberto nel modenese, ma il ricordo più brutto è quello legato alla sofferenza: “Molti miei compagni sono stati fucilati, torturati e ci hanno rimesso la pelle, molte famiglie distrutte”. Come rimane ancora impressa la strage di Marzabotto: “A pochi chilometri da noi ammazzarono 1800 persone”. Giorgio Trenti, Luciano Gibertini, e ancora Bernardo Demuro, sono solo alcuni tra i nomi dei suoi compagni. Giovanni Ligas, invece, fu il suo falso nome, per tentare di scappare dalle mani dei fascisti.
Nino Garau non ha solo dovuto combattere per la liberazione, ma al suo ritorno a Cagliari, ha dovuto subire anche il carcere, quello di Buoncammino, con l’accusa di aver assistito all’uccisione di una persona (di fatto circostanza non vera). Prima di salutarci rivolge un appello ai giovani: “Ricordatevi che dovete avere prima un rispetto verso il padre e la madre, e poi dovete essere quei giovani che devono interessare tutta la popolazione verso l’onestá”, e lo fa proprio con tutta quell’onestà che lo contraddistingue, insieme all’umiltà e all’eleganza.
23 aprile 2015
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