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Oggi, dvanti alla quinta Sezione del Consiglio di stato, Andrea Pubusa discute l’appello di Marco Ligas, Antonello Murgia e altri 25 elettori sardi contro la sentenza del Tar Sardegna. Come si ricorderà il Tar, sbrigativamente, nel novembre scorso, ha ritenuto di non dover trasmettere gli atti alla Consulta per un giudizio di legittimità costituzionale della legge elettorale regionale. Oggi, si spera che il Consiglio du Stato non faccia altrettanto.
Ma quali i punti dell’appello?
La sentenza di primo grado afferma di volersi ispirare alla sentenza della Corte cost., 1/2014, che – com’è noto – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del c.d. Porcellum.
Riassumiamo i punti centrali enucleati dalla sentenza del giudice delle leggi.
Punto primo. La Corte riconosce il suffragio come diritto fondamentale e inviolabile. In un sistema democratico, tutto si costruisce a partire dal voto libero ed eguale. L’architettura politica e istituzionale, dalla rappresentatività delle assemblee elettive alla forma di governo, e l’indirizzo di governo che essa esprime, poggiano sull’architrave di una volontà collettiva alla cui formazione tutti concorrono liberamente e con pari dignità.
Punto secondo. Un diritto fondamentale e inviolabile non è in quanto tale sottratto a qualsivoglia limitazione. Potrà darsi la possibilità di un necessario bilanciamento con altri beni parimenti protetti in Costituzione, da cui scaturisca un limite al primo.
Punto terzo. Tale bilanciamento, peraltro, deve rispondere a criteri di necessità e proporzionalità. In altre parole, il limite al diritto fondamentale può essere posto se indispensabile alla tutela di altro bene parimenti protetto in Costituzione, nella stretta misura richiesta da quella tutela, e senza sacrificio eccessivo del diritto. Un limite che ecceda questi confini, o che persegue un obiettivo realizzabile attraverso misure meno lesive, è incostituzionale.
Questi sono, in estrema sintesi, i capisaldi della giurisprudenza costituzionale nostra e di molti paesi a noi paragonabili. La Corte, nella sent. 1/2014 e non solo, riconosce la governabilità come bene costituzionalmente protetto. Quindi è rispetto a questo bene che deve incardinarsi un possibile bilanciamento. Il necessario equilibrio non era rispettato dal Porcellum, e da qui la dichiarazione di incostituzionalità, che colpiva in specie la mancata dichiarazione di una soglia per l’applicazione del premio di maggioranza, e la lista bloccata per tutti i parlamentari.
Offre risposta la soglia prevista nella legge sarda? Il Tar non ha dubbi: dice senz’altro di sì. Ma lo fa acriticamente. Infatti, la presenza di una soglia, pur essendo una conditio sine qua non di legittimità, non è di per sé sufficiente ad assicurare il rispetto dei principi costituzionali in materia di voto. La sentenza n. 1/2014 parla della necessità non di una soglia qualsiasi, ma di una soglia congrua; occorre, cioè, in ogni caso verificare che la sperequazione tra voti e seggi non sia eccessiva. Una clausola del 25% per cento è congrua nell’accezione testé riportata? La risposta è negativa. E si motiva con chiarezza dimostrando che il sacrificio imposto al voto libero ed eguale è comunque eccessivo e inutile. Infatti, col 25% scatta un premio del 55%, più del doppio dei seggi rispetto ai voti presi. Ma si può obiettere che, in realtà, in Sardegna lo scorso anno è scattata la soglia del 40%. Ma non è così. La soglia di accesso al premio è quella al di sotto della quale si applica il sistema proporzionale e questa è appunto fissata nel 25%. Al 40% scatta un premio aggiuntivo del 5% di seggi. Il 40% pertanto non è la soglia minima per il sistema premiale e per di più è irragionevole perché la governabilità, a detta dello stesso legislatore, è assicurata dal 55% dei seggi. La maggioranza assoluta poi è del 51% e non del 60%. Appare, dunque, eccessivo il premio in relazione alla soglia minima (25% dei voti) e, ancor più, rispetto al superpremio del 60%.
Speriamo che la Costituzione sia preservata da questo evidente vulnus e al corpo elettorale sardo sia dato il dovuto potere di scelta della propria rappresentanza in Consiglio regionale.
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