Gonario Francesco Sedda
Dalla tolda il grullo capitan Matteo disse alla Polda: «Nel 2014 aggrapparsi ad una norma del 1970 che la sinistra di allora non votò è come prendere un I-phone e dire … “dove metto il gettone del telefono”? O una macchina digitale e metterci il rullino. È finita l’Italia del rullino». Fosse stato solo un episodio dello scontro all’interno del PD tra l’anemica minoranza liberaldemocratica (quasi) non-renziana e l’aggressiva maggioranza liberaldemocratica renziana, l’interesse per esso non sarebbe andato oltre la geopolitica, cioè il doveroso monitoraggio delle forze politiche in campo e il loro posizionamento nello scacchiere del confronto reciproco. E neppure avrei interesse a difendere la politica del PCI negli anni settanta, per il fatto che allora non ne facevo più parte a seguito dell’allontanamento (radiazione) del gruppo della rivista I l m a n i f e s t o ed ero impegnato assieme ad altri vecchi e giovani “rivoluzionari” alla costruzione del rispettivo movimento.
Il fatto è che il “Bomba” è compulsivamente “esagerato”, non si accontenta di sbaragliare la sua attuale “opposizione” interna. L’energico bambino quarantenne dilaga nel tempo e nello spazio per negare comunque qualsiasi possibilità di una opposizione alla sua politica che si spaccia (un gioco delle parti) come conflittuale nei confronti dell’oligarchia europea (politica, industriale e finanziaria), ma che in realtà esegue … “per i nostri figli” … i compiti dettati da quella stessa oligarchia.
Dire che la “sinistra” di allora “non votò” la legge 300 del 27 maggio 1970 [Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento] – e dunque neppure il suo art. 18 – sembra un semplice richiamo di un dato storico. Ma in realtà quel richiamo rimane sospeso in un atmosfera evocativa: è ambiguo, vago, confuso.
Anche a voler intendere che tale “sinistra” non votò … “a favore”, resterebbe comunque in ombra se abbia votato … “contro” oppure si sia … “astenuta”.
Il modo più appropriato per richiamare quel dato storico sarebbe stato dire che la “sinistra” di allora si era astenuta. Non aveva votato a favore della legge 300/1970 per quello che mancava, ma non aveva votato contro di essa per quello che c’era (compreso l’art. 18). Dunque l’astensione era dovuta anche alla presenza positiva dell’art. 18 e l’attuale difesa di esso non è affatto un cambiamento di opinione, ma la conferma di quello stesso apprezzamento positivo che aveva determinato l’astensione sull’intera legge invece che una sua totale bocciatura.
In quella legge, secondo la “sinistra” di allora (in particolare il PCI), mancavano due cose: la libertà “politica” nei luoghi di lavoro e l’estensione della tutela delle libertà anche alle imprese con meno di 15 dipendenti. Insomma, la Costituzione doveva entrare in “tutte” le fabbriche e non solo in una parte di esse e doveva entrare “tutta intera” e non dimezzata (solo come libertà sindacale e come generica libertà di opinione). E tuttavia ciò che della Costituzione entrava in una parte delle fabbriche era abbastanza importante da meritare un apprezzamento.
Ma il nostro “comunicatore persuasivo” – capace di vendere a un topolino di campagna una dentiera per cavalli – non si accontenta di suggerire qualche presunta incongruenza: vuole stendere qualsiasi oppositore sedicente di “sinistra” con l’arma letale dei suoi effetti speciali. Aggrapparsi a un rottame del 1970 è come pretendere di mettere un gettone in un I-Phone o un rullino in una macchina fotografica digitale. Buuummm!!!
Che dire di una simile grullaggine? Né il gettone telefonico né il rullino fotografico hanno un legame obbligato con l’art. 18: sono nati prima e sono vissuti per decenni “in assenza dell’articolo 18”. Non vi è dunque nessuna ragione forte per pretendere che, se l’I-Phone funziona senza gettone e la macchina digitale senza rullino, la scomparsa del gettone e del rullino debba essere seguita dalla scomparsa “solamente” dell’articolo 18. Con questa logica inconsistente ognuno potrebbe pretendere di far sparire qualcosa e persino spianare/asfaltare la storia dell’intera umanità in nome dell’ultimo prodotto tecnologico. Già quando si è cominciato a produrre le macchine a motore, si sarebbe potuto dire che aggrapparsi ai vecchi principi della Rivoluzione francese era come salire in macchina e dare colpi di frusta alla parte posteriore per farla partire. Era finito il mondo dei cavalli!
1 commento
1 Francesco Cocco
5 Novembre 2014 - 08:00
Caro Gonario, sei un inguaribile ottimista, cerchi la logica in Renzi,, come se esser logico fosse nei suoi interessi……..vuole il paradosso propagandistico e vuole il centro della scena politica. Gli interessa costruire: costruire castelli di chiacchiere!.
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