Gonario Francesco Sedda
I numeri che riguardano l’economia e la società in generale vengono da agenzie informative “di parte” (sono “governative”, cioè articolazioni dell’apparato egemonico del blocco dominate). Qualcuno potrebbe dire che i numeri danno evidenza ai “fatti” e che davanti ai “fatti” le opinioni cedono il passo. Ma in realtà i fatti dicono poco o nulla. Siamo noi che li facciamo parlare, al servizio delle nostre convinzioni e delle nostre ideologie: le une e le altre sempre discutibili.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha reso note le sue previsioni di una contrazione del Pil in Italia di - 0,10% per il 2014 e di una crescita del + 1,10% per il 2015 e del + 1,30% per il 2016. Ha previsto anche un deficit di bilancio al 3% sul Pil per il 2014 e del 2,1% per il 2015; un debito al 136,4% sul Pil per il 2014 e una sua graduale discesa per gli anni successivi; un aumento della disoccupazione fino al 12,6% per il 2014 rispetto al 12,2% del 2013 e una permanenza della stessa con valori a due cifre fino al 2017.
Non è cosa frequente che le previsioni (anche a breve termine) del FMI si siano avverate in positivo o in negativo “secondo i numeri”, ma vi è sempre qualche motivo perché questo organismo “dia i numeri”. E infatti il FMI non manca di ribadire le sue “raccomandazioni”. Con quei numeri e stime si potrebbero fare politiche economico-sociali molto diverse. Invece per il fondamentalismo liberista la strada obbligata è una e una sola. La “revisione della spesa” è uno «strumento importante» e tuttavia non è sufficiente: «ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni». «L’obiettivo dovrebbe spostarsi verso i risparmi sulle pensioni attuali, magari attraverso una maggiore indicizzazione progressiva». E non bisognerebbe dimenticare naturalmente la «spesa» sanitaria. Avanti dunque con «l’agenda di riforme ambiziose» di M. Renzi. Il Jobs Act, ad esempio, si muoverebbe nella «giusta direzione». Quando si dice dell’incontestabilità dei dati (o più spesso di sole stime) e quando organizzazioni “autorevoli e competenti” fanno parlare i dati (o semplicemente le proprie stime)!
E seppure le previsioni del FMI si avverassero (con la comparsa e la persistenza del segno + nel movimento del Pil nei prossimi anni), ciò basterebbe per far gridare a Renzi (detto Matteo il “Bomba”) di aver chiuso con successo i suoi miracolosi “mille giorni”? Di quale crescita si potrebbe parlare?
Se facciamo uguale a 100 le unità di Pil nel 2011, il quadro è il seguente:
Nel 2012 con un calo del -2,40% si sono perse -2,40 unità di Pil che è regredito a 97,60.
Nel 2013 con un calo del -1,90% si sono perse -1,85 unità di Pil che è ulteriormente regredito a 95,75.
Nel 2014 con un calo previsto del - 0,10% si perderebbero circa -0,10 unità di Pil che regredirebbe ulteriormente a 95,65.
Nel 2015 con una crescita prevista del +1,10% si ricupererebbero +1,05 unità di Pil che aumenterebbe fino a 96,70.
Nel 2016 con una crescita prevista del +1,30% si ricupererebbero +1,26 unità di Pil che aumenterebbe fino a 97,96.
Ciò vuol dire che, all’inizio dell’anno di scadenza dei mille giorni renziani, la crescita prevista dal FMI non riagguanterebbe le 100 unità del Pil 2011 preso come riferimento. Mancherebbero poco più di 2 unità di Pil. Per ricuperare ciò che mancherebbe rispetto al 2011 sarebbe necessario prevedere una crescita per il 2017 del +2,1%. Ma neppure la tromba amica del FMI osa far sentire tale previsione.
Dunque ci sarà forse un lento ricupero del Pil.
Intanto il presidente della Bce Mario Draghi lancia l’allarme: «la ripresa nella zona euro sta perdendo impulso, la crescita del Pil si è fermata nel secondo trimestre». E perché mai? In società che i capitalisti chiamano capitalistiche, chi dovrebbe garantire la ripresa facendoci uscire da una crisi che si è manifestata all’insaputa del FMI e della Banca Centrale Europea per opera di extraterrestri? I capitalisti? Non scherziamo! Contano forse qualcosa? Nulla o quasi: sono dei poveracci senza prepotere e senza potere, imbrigliati da lacci e laccioli, vessati dalla Grande Confraternita del Conservatorismo Trasversale. Come splenderebbe il sole se andassero in porto le “riforme strutturali” con i loro salvifici effetti antipopolari, con l’eliminazione delle “spese improduttive”, con il “grasso che cola” direttamente nelle tasche di chi si autodefinisce capitalista!
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