Amsicora
Sarebbe sciocco negare che contro le basi militari c’è in Sardegna un movimento vasto e unitario, come non si vedeva da tempo, forse dalla battaglia per la “rinascita” dei primi anni ‘60. Avete visto a Capo Frasca che roba! C’eravamo tutti. Sarebbe altrettanto sciocco però negare che le motivazioni sono varie. Sissignori, c’è un arco ampio e articolato di spinte. C’è chi vuol buttare a mare le basi mosso da un’incondizionata ispirazione pacifista, c’è chi lo fa perché vuole lo sviluppo e vede nella presenza militare un ostacolo a questo obiettivo, c’è chi della liberazione dei territori fa un momento della più generale della battaglia per la liberazione dei sardi e della Sardegna, la prima guerra d’indipendenza.
Sarebbe sciocco, lo so, elevare le singole motivazioni a condizione della partecipazione alla mobilitazione. Il movimento si può sviluppare solo se non va oltre l’obiettivo principale: far fare armi e bagagli agli uomini in divisa, lasciando al domani la individuazione del che fare delle terre liberate. Non bisogna neppure farsi guidare dall’istintivo senso di rigetto che genera la presenza alle manifestazioni dei politici di tutte le fazioni, sissignori fazioni ché partiti non ce n’è più. E’ dura, lo so, stare a fianco di Pili e di Soru & C. Forse solo Michele Piras di SEL o Conti del M5S possono essere annoverati fra i coerenti e permanenti sostenitori di questa battaglia. Ma anche sulla compagnia perché fare gli schizzinosi? Far fuori le basi val bene un mal di stomaco. E allora forza tutti insieme ardentemente, anche col mal di pancia.
Sarebbe però ingenuo negare che la liberazione dei territori militarizzati può portare ad altre forme di esclusione non meno odiose. Lo so che può apparire un eccesso. Ma a me i resort per ricchi, mi paiono violenti per il territorio e per i sardi quanto le installazioni militari. Mi terrorizza l’idea di vedere le dune di P. Pino riserva per pochi sullo sfondo di alberghi a 5 stelle. Posso dire cosa farei io della base di Teulada? Tenetevi forte! Ecco la mia pensata. Farei di quel vasto territorio un’oasi naturale con annesso museo alla stupidità della guerra. Esporrei tutto l’armamentario utilizzato in questi decenni nelle guerre simulate e mostrerei con diapositive, foto e video il loro utilizzo e i loro effetti distruttivi veri nelle varie parti del mondo, nelle guerre per la democrazia ora tanto di moda, specie dove c’è l’oro nero. Non c’è da andar lontano per trovare gli oggetti di esposizione, basta la bonifica da fare in loco, per terra e per mare. Chi conosce quei fondali racconta meraviglie della montagna di proiettili e bombe che vi si vedono. Sissignori, c’è il tanto per allestire un’irripetibile esposizione. Ma quanti saranno d’accordo con questa destinazione del sito? Forse l’Unione sarda passerebbe dal movimentismo al dileggio e Soru ci spiegherebbe che lo sviluppo richiede altro e chissà cosa farebbe Pili, ma non m’interessa. Lo so, è antiunitario, ma io credo che battersi per meno sarebbe ingenuo e sciocco insieme. Lo so, il mercato vuole altro, ma io, nel fare questa battaglia, non ci penso. Confesso, più che il mercato mi muove la tradizione pacifista del movimento socialista e comunista italiano, penso alla nobile tradizione anarchica e internazionalista. Rimango convinto che la guerra e il mercato sono un binomio difficilemente scindibile e che sono entrambi contro i popoli. Sì, proprio così, lo sviluppo per ricchi e il mercato non mi interessano. Anzi, confesso vorrei gettare a mare anche i villaggi turistici né più né meno come la basi. Ma so che facendo così rimarrei con una piccola, bella compagnia. Come sono sempre stato del resto.
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