Andrea Pubusa
Anche quest’anno oggi è “Sa die de sa Sardinia“. La giornata dell’orgoglio dei sardi, una giornata che dovrebbe essere di lotta, trasformata nella mite rievocazione di un evento lontano, privato di ogni suo carattere di rottura. Allora ci fu lo “scommiato” dai piemontesi. Tutti gli impiegati non sardi furono cacciati dall’isola, ad eccezione dei prelati e di un reggimento di svizzeri (che furono però disarmati). Con l’occasione, anche il viceré Balbiano fu imbarcato a forza e trasportato in Piemonte insieme con gli impiegati. La cacciata di Balbiano, il 28 aprile 1794, segna il cumine dei cosiddetti Vespri sardi che oggi celebriamo cun “Sa die”. Ma poi? Il re, dopo aver promesso il perdono se l’isola fosse rientrata nella lealtà alla Corona, assegnò alcuni incarichi importanti a sardi e il Balbiano fu sostituito dal marchese di Vivalda. Tutto come prima o quasi.
Ed oggi? Dire che nulla è cambiato sarebbe insensato. Siamo una repubblica fondata sulle autonomie ed abbiamo uno Statuto speciale. L’approvazione dello Statuto il 26 febbraio del 1948, ecco sa die da ricordare. Questo doveva essere l’oggetto della legge regionale Ma in quella stanca seduta del 14 settembre del 1993 chr istituì Sa Die (c’ero anch’io in Consiglio regionale) nessuno - neppure io - si levò a dire che il 28 aprile 1794 ricorda uno “scommiato”, seguito da una nuova sudditanza. Nessuno, neppure io, voleva contrariare alcuni amici consiglieri sardisti, che avevano avanzato la proposta. C’era fretta di chiudere la seduta. E così eccoci qua, con una festa che ricorda una rivendicazione con forme forti nel contesto però di una sottomissione dichiarata e mai contestata ad una delle più retrive monarchie del tempo.
Purtuttavia il 28 aprile del 1794 un momento di lotta fu. E se oggi volessimo rinnovarlo, attualizzarlo? Chi è il vicerè Balbiano di oggi? E chi i piemontesi, i servitori del governo nazionale? In una parola da chi dovremmo scommiatarci? C’è l’imbarazzo della scelta. Forse non ci sarebbero navi così capienti da contenenrli tutti. Dovremmo scommiatarci da coloro che appoggiano le iniziative antiregionali del governo. Mamma mia! Dovremmo buttar giù Pigliaru, il leader del centrosinistra, sempre più centro e sempre meno sinistra. La sua professione di renzismo ne fa il Balbiano di oggi? Direi di sì, affettuosamente, ma sicuramente sì. E i piemontesi da imbarcare con lui verso il continente? Che bella e variegata compagnia! Ci sarebbero i Paci, i Demuro e i Deiana, ma anche i Sale, i Maninchedda e i Muledda, indipendentisti e sovranisti della parola. Forse costoro dovrebbero essere imbarcati per primi. Infatti Pigliaru e gli altri non nascondono la loro simpatia per Renzi e le sue “riforme”, che si propongono di sopprimere assemblee elettive, pur sempre momenti di democrazia, per sostituirle con organi di nominati. Sale & C. invece ci avevano promesso nientemeno che l’indipendentismo o qualcosa di simile. E dire che noi, poveri autonomisti, ci eravamo perfino allarmati! Noi difensori della Costituzione, nata dalla Resistenza, noi sostenitori dell’idea di autonomia, ch’essa enuncia e che consente di ampliare fino al limite massimo compatibile con l’unità dell’ordinamento. Però mentre loro salgono sul carro di Renzi-Berlusconi, noi stiamo ben saldi su quella posizione. E Renzi non solo non lo appoggiamo, ma lo combattiamo per il suo antiregionalismo. Chi sono i sovranisti veri? Loro che godono della legge elettorale regionale e vanno in Consiglio senza voti o noi che crediamo nella sovranità popolare, qualla enunciata dall’art. 1 della Costituzione? E per questo vogliamo che le assemblee elettive siano veramente rapppresentative. In Sardegna vogliamo un Consiglio regionale che rappresenti tutti i sardi, uomini e donne. Ed allora chiediamo al vicerè di modificare la legge elettorale regionale, in modo che la sovranità dei sardi inizi ad esprimersi anzitutto nel voto e nella rappresentanza. Una legge che consenta di eleggere, se non la metà, almeno una percentuale alta di donne. Quattro su 60, ammettiamolo tutti, è una vergogna. E ancora eliminare per legge dal Consiglio regionale chi non bacia la pantofola ai dirigenti del PD o di Forza Italia ci sembra indecoroso. Ecco chi ha fatto questa legge e chi non la modifica oggi sono da scommiatare subito. Da imbarcare nella prima nave per il continente, senza biglietto di ritorno! Hanno irriso e buttato nel cestino il voto di 120.000 sardi che volevano una rappresentanza fuori dal coro. E hanno compresso la libertà di voto di centinaia di migliaia di sardi, la metà del corpo elettorale: chi va a votare se sa che il suo voto è destinato al cestino anche se raggiunge percentuali considerevoli? Una legge-capestro, approvata a bella posta dai nemici della sovranità (ai sensi dell’art. 1 Cost.) dei sardi, va mantenuta o modificata subito? Certo una percentuale fisiologica di astenuti c’è sempre stata, ma quella attuale, pari al 50%, è indotta dalla legge elettorale, mentre ne vogliamo una che induca gli elettori recarsi al seggio.
Caro Francesco, sta a te decidere. Puoi recitare diverse parti in commedia: lasciamo da parte quella di Giomaria, i moti anticentralisti non si addicono alla tua indole mite, ma dovresti con cura evitare quella del vicerè Balbiano, ossia di un ossequioso esecutore della volontà dell’Uomo forte del momento. Una terza via c’è. Potresti assumere le vesti di un fermo democratico, dando ai sardi una vera legge elettorale e vestire i panni di un coerente autonomista, contrastando apertamente le proposte Renzi-Berlusconi sul senato, sul titolo V e sulla legge elettorale nazionale. Potresti rilanciare seriamente l’idea autonomistica. In fondo, per trarre ispirazione non devi andar lontano, basta la biblioteca di famiglia. Antonio Pigliaru sull’autonomia regionale, nel 1963, ha scritto un saggio ancora oggi illuminante: ”L’autonomia come riforma democratica della sovranità e come momento dell’estinzione dello Stato“. Lo ritengo, pur a distanza di mezzo secolo, uno degli scritti più intelligenti e stimolanti sul tema. Se segui Renzi invece non abbiamo alternative, lo scommiato da te e dai tuoi alleati è necessitato. Vi imbarchiamo tutti per il Continente, insieme a Cappellacci & C,, che mettiamo in seconda classe! E vi diamo pure una spinta per farvi prendere velocità!
2 commenti
1 Piero e Sa die de sa Sardigna – Alcuni appuntamenti de sa die | Aladin Pensiero
29 Aprile 2014 - 09:21
[…] 28 APRILE 1794 Sono 28 anni che parlo di questa storica giornata. Oggi, se permettete, starò zitto. Parlate voi. Piero ——– - Vi spiego Sa die, di Francesco Casula ——– - Procurade ‘e moderare ———————————————————————————- Altri appuntamenti (Dalla sala stampa del Consiglio Regionale) Alle 11 il Consiglio regionale si riunirà in seduta solenne per celebrare “Sa Die de sa Sardigna”. La seduta sarà preceduta da un concerto della Banda della Brigata Sassari e dei tenores di Neoneli. La seduta solenne si aprirà con l’intervento del Presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau. Seguiranno gli interventi di maggioranza e opposizione. Chiuderà i lavori il Presidente della Regione Francesco Pigliaru. Dopo la seduta si esibiranno il suonatore di launeddas Andrea Pisu e i tenores di Neoneli. I lavori del Consiglio regionale riprenderanno alle ore 16. (R.R.) ——————————————————————————— - Alle ore 17.30, presso il lounge bar “7 vizi”, all’interno della Mediateca Comunale di Via Mameli 164/F Francesco Casula parlerà di “Francesco Cilocco, un eroe dimenticato”. ———————— - Sa Die de sa Sardinia: da chi scommiatarci oggi? Andrea Pubusa su Democraziaoggi […]
2 T.D.
29 Aprile 2014 - 10:59
La vicenda del 1794 ha un prologo: nell’anno precedente, le milizie sarde, reclutate dalle città e dai possidenti locali anche in considerazione della scarsa consistenza dell’Armata reale stanziata nell’Isola, sventarono il tentativo della Francia rivoluzionaria di invadere la Sardegna.
I Savoia non se ne mostrarono affatto riconoscenti, scatenando il giustificato malcontento popolare. Alla fine i sardi si erano opposti all’invasione francese per difendere degli altri invasori, per di più reazionari.
E’ opinione largamente prevalente, tra gli storici, che dovunque, le armate francesi siano passate, anche sanguinosamente, in Europa, come accadde in particolare nel periodo napoleonico, esse, insieme a tanta violenza, abbiano diffuso anche i segni indelebili di un grande avanzamento nelle idee, nei costumi, nel diritto, che la Restaurazione non riuscì a cancellare.
La Sardegna, per rincontrare quelle idee e vederle incarnarsi in processi istituzionali democratici, ha dovuto attendere il 1948, anno di approvazione della Costituzione repubblicana e dello Statuto speciale.
Io sono favorevole a una evoluzione istituzionale che veda affermarsi pienamente la soggettività del popolo sardo, della sua inestinta specificità linguistica, culturale, storica.
Considero da tempo l’autonomismo una fase superata. Non disdegnerei di essere indipendentista, ma preferisco considerarmi un federalista.
Tuttavia non saprei vedere, oggi, in Sardegna, chi potrebbe scrivere con altrettanta maestria e generosità dei costituenti repubblicani i principi fondamentali della Costituzione nata dall’antifascismo.
E ancora vorrei una classe dirigente sarda che quei principi li sapesse interpretare con l’esempio. Allora, forse, mi fiderei.
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