Giorgio Todde
Lo scrittore Giorgio Todde ci scrive questo intervento, che pubblichiamo volentieri, perché da esso, fra l’altro, emerge la passione e l’impegno con cui, da vero homo civicus, egli segue la questione Tuvixeddu, battendosi per la sua tutela. Un dibattito civile e informato è l’unica via per raggiungere l’unità fra le forze che vogliono salvare ciò che resta del Colle.
La ringrazio, gentile Professor Pubusa, per le parole affettuose e anche per aver compreso che muovere una critica dalle pagine di un giornale non è un segno di ostilità verso il bersaglio di quella critica, anzi.
Una nota, però, di precisazione.
Come lei sa, pratico, e con prudenza, solo territori che conosco, mentre non pratico d’abitudine territori ignoti. E ho paura dei dilettanti che ritengo una gramigna.
Per questo motivo negli anni nei quali ho scritto di Paesaggio ho prestato attenzione e cura maniacale all’elaborazione di quello che scrivevo cercando di mettere in vulgata concetti complessi che inevitabilmente, poiché ogni nostra azione passa per il giure, si intersecavano con aspetti giuridici per me di difficile digestione.
Per questo motivo da molti anni “prendo ripetizioni”, gratuite ma faticose, su argomenti per me inizialmente inaffrontabili. Ma ho avuto maestri generosi e pazienti. Paolo Urbani, il consulente al quale la Regione si rivolse per la struttura giuridica del PPR. Edoardo Salzano, coordinatore del comitato scientifico per la stesura del PPR, che mi ha insegnato a muovermi nella struttura “a strati” del Piano e al quale mi rivolgo spesso per consigli e spiegazioni, non mancando alle sue scuole estive di urbanistica. Vezio De Lucia, l’urbanista napoletano, assessore nel periodo buono di Bassolino, prima della bassolinizzazione . E molti altri.
Infine, più vicina, Maria Paola Morittu, con la quale abbiamo scritto un riassunto dell’affaire Tuvixeddu, pubblicato da Maestrale, nel quale – lo faccio ogni volta che posso – segnalo due refusi di cui mi assumo la colpa. Erroneamente indico presidente della Giunta Regionale Federico Palomba mentre era Mario Floris. Erroneamente (ma allora nessuno aveva le idee chiarissime sulla reale estensione dell’area) quantifico in 74ettari l’area del vincolo paesaggistico che è invece di 120 ettari.
Ho seguito da vicino i giudizi su Tuvixeddu e il viverli nell’aula del Tribunale amministrativo, sino al Consiglio di Stato ha costituito una notevole fonte di apprendimento. Ho seguito da vicino il lavoro di Cerulli Irelli sulla necropoli e, di recente, di Filippo Satta per Malfatano. E molto mi è arrivato anche da loro.
Tuttavia mi guardo bene dal sentirmi un “giurista sul campo”.
Ma credo, tutto questo premesso, di aver compreso alcuni aspetti chiave della vicenda Tuvixeddu.
Il primo, il più intuitivo, consiste nel fatto che la necropoli ha assunto un enorme valore metaforico anche per chi non vi ha mai messo piede - molti cagliaritani - e che il colle rappresenta alla perfezione la città, le forze che la governano e che ne definiscono il carattere. Ecco perché la vicenda ha superato il mare, ha interessato televisioni e giornali, Repubblica, il Times, la Suddeutsche Zeitung e anima oggi discussioni che credo salutari. Le metafore sono un potente mezzo di comunicazione.
Il secondo aspetto si è concretizzato nello sforzo di divulgare la vicenda e portarla alla comprensione in un linguaggio non strettamente legale ma sostanziando ogni parola con solidi contenuti giuridici attinti e verificati dai miei “insegnanti”.
Ecco perché non sono mai stato impallinato, neppure da una recente denuncia per diffamazione del costruttore Bruno Cadeddu per la quale lo stesso Piemme ha chiesto il proscioglimento puntualmente accolto dal Gip. Insomma, ho tentato, a proposito della necropoli, di dare a ognuno i mezzi oggettivi per giudicare poi in proprio.
Perciò le assicuro che ottengo spesso un certa “centratura” sugli argomenti che tratto e semplifico, evitando accuratamente toni da rivista giuridica. E questa “centratura”sono in grado di sostenerla anche pubblicamente.
La saluto con molta cordialità,
Giorgio Todde
Le allego un esempio che, ovviamente, lei può tagliare, viste le dimensioni, ma che serve a spiegare cosa intendo per divulgazione e “centratura”.
E’ una sintesi del sistema dei vincoli che vigeva prima del PPR e gli effetti del PPR su quei vincoli. Potrebbe essere utile anche all’Anonimo che ha ragione quando parla di vincoli conformativi, ma dimentica che il vincolo paesaggistico su Tuvixeddu è stato conformato al PPR che rende l’area inedificabile salvo, appunto, una nuova riperimetrazione i sede di adeguamento del Puc al PPR. Ma riperimetrare l’aia non significa eliminare l’inedificabilità.
Da qui nasce la “battaglia” per la conquista del colle. E’ utile, ma non è facile e neppure divertente. Però, se si vuole arrivare a configurarsi un’idea, è necessario faticare. E non solo per Tuvixeddu.
“Breve storia dei vincoli su Tuvixeddu e Tuvumannu:
L’assetto dei vincoli e il loro effetto reale sono fondamentali per la comprensione dell’oggi.
1910: primo vincolo a seguito della legge Rosadi (1909) che stabilisce le norme per l’inalienabilità delle antichità e delle belle arti
1924: ridimensionamento dell’area del vincolo a favore dell’attività di cava
1962: ulteriore ridimensionamento, per la medesima causa, sino a un solo ettaro
1991: la Sovrintendenza aumenta il perimetro dell’area tutelata e appone un unico vincolo archeologico diretto
che arriva sino a Viale Sant’Avendrace
1995: ricorso al Tar contro questo vincolo da parte delle imprese Cadeddu e Orrù che vogliono edificare lungo il
Viale. Il vincolo sancisce infatti l’inedificabilità del colle. Il Tar e il Consiglio di Stato accolgono il ricorso
dell’impresa e il vincolo è annullato nel maggio del ’96
1996: a dicembre la Sovrintendenza riduce l’area di vincolo diretto verso Viale sant’Avendrace e verso il cosiddetto
catino. L’area viene inoltre circondata da una fascia di vincolo indiretto. A tutt’oggi in vigore
1997: la Commissione Provinciale per le Bellezze Naturali appone un vincolo paesaggistico di circa 74 ettari che comprende al suo interno anche i 23 ettari di vincolo archeologico. Tuvixeddu è dunque tutelato attualmente da un sistema di aree vincolate concentriche di diversa efficacia:
– Al centro un’area di VINCOLO ARCHEOLOGICO DIRETTO
di circa 12 ettari.
– Intorno a questo una fascia VINCOLO ARCHEOLOGICO INDIRETTO di circa 11 ettari.
– Un VINCOLO PAESAGGISTICO di 120 ettari, quello apposto nel 1997 dalla Commissione Provinciale per le Bellezze Naturali,
che ricomprende al suo interno anche l’area di vincolo archeologico diretto e indiretto.
Ma quali sono stati gli effetti reali dei vincoli?
Osservando i luoghi si direbbero scarsi o nulli. Il quartiere de Is Mirrionis ha divorato il colle, buona parte dell’area di vincolo paesaggistico è edificata ed è divenuta una brutta periferia.
Solo l’area di VINCOLO DIRETTO è considerata INEDIFICABILE (circa 11 ettari nel cuore dei 120) ed è classificata come zona H (inedificabile) nel Piano urbanistico comunale.
L’area di VINCOLO INDIRETTO, invece, non è classificata come zona H ed è quindi priva di tutela nella strumentazione
urbanistica. Inoltre, come si dice in gergo, quell’area “produce cubature” che vengono comunque utilizzate.
Le aree assoggettate al vincolo indiretto sono disciplinate da un apposito articolo, sempre presente dal 1939 nel nostro
ordinamento sino a oggi, volto a evitare che nel sito sottoposto al vincolo “sia danneggiata la prospettiva o la luce, o
siano alterate le condizioni di ambiente e decoro”.
Ma la condizione di quell’area di tutela indiretta a Tuvixeddu è sotto gli occhi di tutti. È stata riversata una grande quantità di cemento lungo viale Sant’Avendrace. Altro che luce, altro che decoro e prospettive.
E cosa prevede, infine, il vasto vincolo paesaggistico?
Questo vincolo è considerabile un vincolo vuoto di prescrizioni salvo l’obbligo, per chi desiderava costruire nei 74
ettari di ottenere un nulla osta paesaggistico rilasciato dal Comune o dalla Regione e un controllo di legittimità da parte
della Sovrintendenza. Da gennaio la norma è mutata e il rilascio del nulla osta è affidato nel merito alla Sovrintendenza.
E a conferma dell’elevata possibilità di ritrovamenti, il Piano urbanistico di Cagliari richiede inoltre un nulla osta archeologico anche per l’edificazione fuori dall’area archeologica.
Da 24 maggio 2006 il PPR riempie di sostanza quei vincoli paesaggistici (che permettevano con appositi nulla osta l’edificabilità del colle fuori dalle aree archeologiche) e ne stabilisce l’inedificabilità assoluta, confermata nel 2011, dopo una lunga “battaglia” giuridica, dal Consiglio di Stato.”
Ovviamente continua con la storia della transazione, con l’accordo di programma, con i ricorsi ecc. ecc. E forse non finirà mai.
Ancora cordiali saluti.
12 Feb, 16:14 — [ Modifica | Cancella ] — Visualizza articolo “Tuvixeddu: Zedda ha paura, Italia nostra incalza. Che fare?”
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Cristina Lavinio | lavinio@unica.it | IP: 78.15.222.45
Giusto: Malfatano docet. Bisogna che lo si sappia. E forse, per chi è tanto preoccupato che il Comune non abbia i soldi per risarcire Coimpresa, bisognerebbe calcolare le somme eventualmente dovute rispetto a un BENE COMUNE sotto tutela: sarebbero sicuramente irrisorie o nulle; mentre l’argomento sull’ICI già pagato mi sembra essere ugualmente risibile, essendo stato pagato tra l’altro, sicuramente (?), sui due palazzoni mostruosi già realizzati su via Is Maglias nonostante tutto. Forse non ci sarebbe neanche da restituirlo, chiedendo invece risarcimenti per deturpazione impropria della zona da tutelare.
12 Feb, 18:21 — [ Modifica | Cancella ] — Visualizza articolo “Italia nostra: Zedda tenga duro, c’è il vincolo”
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2 commenti
1 Tuvixeddu: trattare o contrapporsi? Ecco ciò che divide Zedda da Italia Nostra. La cui linea dura è minoritaria anche nel fronte ambientalista « vitobiolchini
14 Febbraio 2012 - 01:52
[…] Oggi, sembra ora attenuare la portata delle sue dichiarazioni. Nell’articolo dal titolo “Tuvixeddu: battersi per la tutela non è segno di ostilità” si […]
2 paolo carta
14 Febbraio 2012 - 04:11
Ma secondo lei Zedda cosa vuole fare? Pensa davvero che muoia dalla voglia di far costruire su Tuvixeddu? E perchè mai dovrebbe? Zedda e Frau hanno una storia politica lontanissima da quel mondo. Volete forse insinuare che si sono venduti?
Forse Zedda, quello che a mezzo stampa Giorgio Todde ha additato come cementificatore amico dei costruttori, sta cercando di preservare il colle evitando allo stesso tempo il rischio di dover corrispondere al costruttore risarcimenti milionari un domani.
Come spiega il Professor Pubusa in un altro articolo, il diritto amministrativo lascia sempre spazio a sorprese. Sorprese che le casse del comune di cagliari non possono permettersi.
E invece c’è la linea, la verità assoluta, quella di Todde-Morittu-Mongiu e sopratutto Soru e chi non ci sta è un cementificatore. Magari prezzolato a colpi di bivanetti a tuvixeddu dal costruttore di turno.
Giorgio Todde, le sue argomentazioni sono ottime e probabilmente anche le sue intenzioni. I toni e il metodo invece …
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